Recentemente, durante un incontro interreligioso con i giovani al termine del suo viaggio apostolico, Papa Francesco ha affermato: "C’è un solo Dio, e noi, le nostre religioni, sono lingue, cammini per arrivare a Dio. Qualcuno è sikh, qualcuno musulmano, qualcuno indù, qualcuno cristiano, ma sono diversi cammini."
Queste parole potrebbero essere interpretate come un suggerimento che tutte le religioni siano uguali e che ciascuna rappresenti un percorso valido per giungere a Dio. Ma allora, qual è il senso del nostro cammino di ricerca della Verità e quale sarebbe la missione specifica della Chiesa Cattolica?
Come cattolici, siamo certamente chiamati a rispettare ogni persona, indipendentemente dalla sua fede o religione. Questo rispetto è essenziale nel dialogo interreligioso e nella costruzione di relazioni autentiche e pacifiche tra diverse comunità. Tuttavia, il dialogo non deve mai portarci a diminuire la centralità di Gesù Cristo come unico Salvatore del mondo. Se tutte le religioni fossero considerate equivalenti, che significato avrebbe il nostro cammino di fede verso Cristo, che la Chiesa proclama come «la Via, la Verità e la Vita» e che ha dichiarato: «Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Giovanni 14,6)?
La Chiesa cattolica insegna con fermezza che la salvezza si trova pienamente in Cristo. Il Concilio Vaticano II, nel documento Nostra Aetate, incoraggia il dialogo e la collaborazione con persone di altre religioni, sottolineando che «la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni» (Nostra Aetate, 2). Tuttavia, questo non implica che tutte le religioni siano uguali o che offrano uguali vie di salvezza. Al contrario, il documento Ad Gentes ci ricorda che la Chiesa è «necessaria alla salvezza» perché è attraverso Cristo che «tutti gli uomini possono avere accesso al Padre nello Spirito Santo» (Ad Gentes, 7).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ribadisce questa verità: «Gli uomini, mossi dallo Spirito Santo, possono accogliere in cuore sincero e giungere alla salvezza in una maniera nota a Dio solo, la predicazione del Vangelo a tutte le genti e i fedeli di Cristo possono illuminare e fortificare le vie, ai quali tutti gli uomini possono partecipare nel mistero della Redenzione» (CCC, 851).
In questo contesto, il dialogo interreligioso deve essere vissuto con una duplice fedeltà: rispetto per le convinzioni altrui e testimonianza audace della nostra fede in Cristo. La Chiesa ci insegna che il dialogo non è un compromesso della verità, ma un’opportunità per presentare Cristo con chiarezza e amore. Come afferma l’enciclica Redemptoris Missio di San Giovanni Paolo II, «Il dialogo deve accompagnare sempre l'annuncio della fede cristiana e fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. […] Dialogo e annuncio devono mantenersi intimamente legati ma distinti, e non devono essere mai considerati sullo stesso piano o ritenuti intercambiabili» (Redemptoris Missio, 55).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea anche che «La Chiesa obbliga i suoi membri di impegnarsi per la missione che il suo Fondatore ha affidato a esso» (CCC, 849). Questo significa che, pur impegnandoci nel dialogo rispettoso e nella collaborazione per il bene comune, non possiamo mai rinunciare al mandato missionario di annunciare il Vangelo a tutte le genti (Matteo 28,19).
Nel dialogo con persone di altre fedi, quindi, non dobbiamo mai perdere di vista la nostra missione primaria: proclamare Gesù Cristo come l'unica Via di salvezza. Come San Pietro ci insegna: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti sotto il cielo altro nome dato agli uomini, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati» (Atti 4,12).
Il dialogo interreligioso, quindi, diventa un’opportunità per offrire una testimonianza gioiosa della nostra fede, mostrando l’amore di Cristo attraverso le nostre azioni e parole. Non significa rinunciare alla nostra identità cristiana, né tantomeno ridurre il messaggio del Vangelo per adattarlo a un contesto pluralistico. Al contrario, è proprio attraverso il dialogo aperto e sincero che possiamo testimoniare la bellezza della nostra fede, invitando altri a scoprire Cristo e la salvezza che Egli offre.
È importante ricordare che la missione della Chiesa non può essere compromessa; essa è chiamata a essere luce del mondo, proclamando senza paura la verità di Cristo. Siamo chiamati a rispettare ogni persona e a dialogare con tutti, ma anche a condividere con loro la gioia e la speranza che abbiamo trovato in Cristo. Se tutte le religioni fossero davvero uguali, che senso avrebbe la nostra ricerca della Verità? Come cristiani, crediamo fermamente che questa Verità sia Cristo stesso, e siamo chiamati a testimoniarla con amore e fermezza a tutti coloro che incontriamo.
Cara Zarish
tutto ciò è giusto e sacrosanto, ma la mia domanda è: perchè ci troviamo sempre a doverlo ribadire noi, laici, ai piani più alti del Vaticano? Possibile che in tanti secoli di apparizioni (convalidate) ancora non si è capito che non ci si deve mai discostare dalla vera Dottrina della Fede, e che gli appelli che arrivano dal Cielo sono sempre: conversione, penitenza, preghiera, digiuno, sante letture (Bibbia), sacramenti? Perchè nessuno di questi argomenti è mai nelle priorità di Roma, al contrario tutta impegnata in un ecologismo molto trendy e politically correct, come pure in un umanitarismo fin troppo spinto, sempre attenta ai "bisogni del corpo" ma mai a quelli dell'anima? Quando si ricorderanno, oltre Tevere, che Gesù…